Made in Water raccoglie gli esiti più recenti della ricerca artistica di Cecilia Luci (Roma, 1970 ); 25 opere fotografiche nelle quali l’artista ricostruisce paesaggi interiori combinando oggetti di uso quotidiano disposti in liquidi trasparenti come l’acqua in un lavoro che unisce l’iconografia fotografica dell’artista al tema della psicomagia come forma alternativa di visione del reale.
Cecilia Luci ha scelto di operare tramite lo sguardo dell’obbiettivo fotografico per permettere a ciò che si vive, ma difficilmente si ricorda, di trovare nuovamente una collocazione spazio temporale. Il dispositivo serve dunque come appunto visivo, come racconto diaristico in grado di riportare alla luce memorie, perdite, sensazioni ed emozioni spesso sopite dallo scorrere della vita. Proprio la costante elaborazione di tratti del proprio vissuto permette di modificare il sistema interno al ricordo stesso, quasi che lo scatto “meccanico” della fotografia possa essere inteso come un riposizionatore di fatti, luoghi, persone, emozioni. Le sospensioni, i galleggiamenti, le trasposizioni di un intimo che si rivela e non si svela, si mostrano come la parafrasi di un’altra dimensione: lo statuto di un privato, di un personale che appare per l’artista come l’occasione di sondare i tratti incompiuti della propria esistenza, ma anche la possibilità di condurre l’esperienza dello spettatore nei meandri del proprio intimo. Il risultato è lo spostamento sensibile dell’atmosfera immaginaria trattenuta dallo stesso scatto fotografico. La scelta di utilizzare l’acqua come filtro tra il reale e il surreale sottolinea con maggiore forza la sospensione naturale degli oggetti immersi che si ritrovano, loro malgrado, ad assumere sembianze e simbolicità inaspettate e rinnovate. L’immagine ottenuta si investe di un’ambientazione suggestiva in grado di definire un nuovo stato di contemplazione. In questo l’acqua, intesa come flusso energetico e primordiale, assume un ruolo fondamentale: l’ambivalenza delle varie parti tradotte nello scatto fotografico determinano un cambiamento in divenire di un immaginario pulsante, ondeggiante.
La ricerca nel mio lavoro tende al superamento del mio passato, facendo riaffiorare inconsci ricordi. Il vissuto viene trasportato dai fluidi che a volte affondano, a volte fanno affiorare le cose ed i personaggi attraverso dei flash, delle apparizioni delle visioni scaturite nella mente. Trasmuto e ricostruisco un mondo immaginifico fatto di elementi tratti dalla memoria. Così questo mio costante ritorno al passato e ad un ripristino, mi fa rivisitare e ridisporre fatti, cose e persone, legate a luoghi interiori familiari, metabolizzate attraverso diversi codici semantici.